venerdì 20 aprile 2012

PARTENZA PER L'UTOPIA E ARRIVO NEL NERO IGNOTO

Partenza, pronti via!
   Da clandestini anche noi. Mica ce l'avevamo la birra da regalare al controllore, meno che mai al bigliettaio. Si era suicidato per amore il bigliettaio di Acquaviva. Figuriamoci se avevamo voglia di comprarci il biglietto, anche ammesso e non concesso che ce l'avessimo avuti i piccioli.
   A piedi fino all'autostrada. A piedi fino al porto. A piedi anche sul mare in tempesta. Era davvero molto lontano il posto che ci eravamo messi in testa di raggiungere. A pensarci bene ci voleva pure una scala per il cielo, non ce l'avevamo ma ci stavamo attrezzando anche per quello. Utopia si chiamava la città dove avevamo tutti scelto di andare a studiare. Ci siamo laureati tutti là, miliardi di batoste in testa, lode e bacio accademico del mostro preistorico di turno.
   Freddo, neve, nebbia. Odor di diavoleria, odor di Lombardia. Valige di cartone, borse piene di spaghetti Divella numero 7 ristorante, come se a Milano non si vendesse la pasta, portafoglio vuoto e gambe intirizzite. Ma chi ce l'ha mai fatto fare di venire a respirare quest'aria tutta piena di carbone, di dolori e di guai allo zafferano giallo? Me ne stavo così bene io tra i mandorli in fiore e il fico fiorone...
   Già, ma poi chi ci avrebbe mai gonfiato il grugno a furia di correre dietro la luna, i pitecantropi e gli alluvinati di cervello? Il mondo è sempre stato metà malo e metà bono, farlo tutto bono Dio non ci ha pensato manco di striscio. Troppe teste calde a predicare l'avemaria. Tutte intenzioni lodevoli per carità, ma quante carrettate di spaccati di testa e di nasi rotti per un nonnulla, per uno iota compreso all'incontrario. Io la capii subito l'antifona. Tutti poeti non si può essere, altrimenti chi si alza per andare a cucinare le fave?
   Di botto diventarono tutti cani sciolti, più o meno come adesso. Il mio guaio era che io ero un gatto nero. Così per la mia salute e il mio decoro smisi di colpo di andare in giro di giorno. Diventai un animale notturno. Metropolitano lo ero già diventato con la mia prima fuga per non pagare la multa per un tram che avevo preso senza biglietto. Ma a quei tempi non si usava di avere queste minime attenzioni. Era al mondo intero che volevamo metterci in testa un bel berretto caldo.
GD ANGELILLO
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