mercoledì 18 aprile 2012

LA STRADA PER MILANO

E come no?
   Dopotutto la vita la si passa perlopiù a sventagliare cose senza senso tutt'intorno.
   Che farci?
   Mica tanto.
    Me ne andai a Milano perchè la parola di mio fratello s'era nel frattempo occupata a Roma.
    E' ridicolo, me ne rendo conto: ma il destino di un ragazzo è un filo di tela di ragno appeso al soffitto che il vento mica ci pensa poi tanto di far girare dove vuole lui.
   Andate voi al negozio se ne siete capaci a compravi un destino benevolo e confortevole e tutto quanto come volete voi, nemmeno i ricchi, credo, ci riescono, anche se naturalmente hanno tutto il resto degli altri negozi di cianfrusaglie a loro assoluta disposizione.
    Ma io un destino abbastanza passabile non me lo son potuto comprare nemmeno di seconda mano, nemmeno di terza o di quarta, a pensarci bene.
   Ma un destino vale l'altro e la giornata ha da passare in un modo o nell'altro.
    Il diavolo ci mette del suo e la malinconia non ti spiega proprio un bel niente, chissà perchè, con tutte quelle arie di maledetta intelligenza che si dà qualcosa potrebbe pure almanaccarla. Ecco perchè io sono convinto che è sempre meglio l'allegria, non ti spiega nulla nemmeno lei, e poi ci ha quella sua aria da perenne cretina ma almeno non ti illude. E' più onesta, a mio modo di vedere. E poi conviene di gran lunga.
   Andai a ficcarmi in un'osteria di malaffare appena arrivato. Piena di teste calde e cuori fritti. Ero in buona compagnia certo. Appena seduto, davanti a un piatto di pasta e fagioli, la pasta assolutamente, come al solito, del tutto scotta, venne a piantarsi davanti a me una puttana. Aveva annusato il pisquano appena arrivato dalla Terronia con 4 lire spaiate in tasca.
   Quanto a visuale lasciava molto a desiderare. A parlarci ti faceva scendere il latte dai cosiddetti.
   - Ce l'hai un deca? - mi chiese.
   - Per avercelo ce l'ho.
   Che dialettica micidiale.
   - Ti vuoi divertire?
   - Anche il papa si vuole divertire, solo che se lo può permettere quando vuole.
   Minchia, un'altra battuta come quella e svenivo.
    - Che fai stanotte?
    - Vado a lavorare. - dissi e era vero.
    Lei sbuffò alquanto scocciata e se ne andò senza salutare.
    "Un altro terrone squattrinato", la sentii mormorare a un'altra prostituta come lei.
    - Dai, bella, andiamo. - le disse un autista grosso come un armadio e con un naso a patata rosso paonazzo di avvinazzato.
    - Un pò di maniere, che diamine! - disse lei, e mi squadrò di sottecchi di sfuggita.
    Come se non l'avessi capito che era cotta e stracotta dalla vita...
GD ANGELILLO
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