sabato 23 giugno 2012

PINOCCHIO (autobiografia in piccolo di un misero scrittore)

   Pinocchio ha un naso così grande che praticamente ha due teste. Una testa di legno e una testa gonfia di bugie. Così siamo tutti se avessimo in testa almeno una mollica di verità. Ma abbiamo solo un bambino rompicoglioni nel cortile del nostro nulla che ci chiama Dostoevskij solo per prenderci per il culo.
   Son nato col cervello a scirocco e non posso farci niente. Quando siamo entrati in questo stanzone di matti c'erano due metri di neve e un'armata di diavoli a far scivolare la gente. Io ebbi difficoltà a entrare perchè ero troppo grosso e l'anima del mio lumicino troppo piccola. Ma comunque nacqui a casa, con uno stuolo di panni da lavare e fratelli che manco sapevo chi erano. Fave, farina e ricotte fatte di fresco. Ceci di capre, sarmenti rosicchiati e sale da pestare nel cazzatoio di legno. Mi fecero togliere il disturbo quasi subito, e andai ad appendere le mie mattane nella casa di fronte. Sarei stato per sempre: "quello della casa di fronte". Lì mi feci il mio angolino e mi misi da subito a leggere giornaletti spinti, le gesta dei patrioti americani e l'enciclopedia degli antri di tutte le fate.
   Lì c'era una nonna che mi viziò e una mamma che fece di me un principe anche se ero un accattone della peggior specie.
   Avevo pure un amico immaginario, il fantasma del Louvre che mi raccontava tutte le grandi imprese di Napoleone e Garibaldi. Per il resto la poesia si mise a suonare le sue campane e io diventai sordo del tutto. Ma non come Beethoven per la troppa musica ma come un semplice parolaio per le troppe balle.
   I miei genitori adottivi mi hanno voluto bene, forse troppo, infatti sono un pò rovinato, gli altri dispersi in Russia nel freddo gelo di questo mondo astruso.
   Son scappato via appena ho potuto, proprio come Pinocchio, ma invece di vendermi l'Abbacedario, me li son comprati tutti quelli che ho trovato sulla mia strada. Con il misero risultato che ho una seggiola che mi traballa e un letto corto che mi escono sempre i piedi fuori.
   Per il resto spero di non partire anch'io per la Siberia per una lettera letta avventatamente in pubblico. Ma non corro questo rischio semplicemente perchè non sono Dostoevskij, anche se è un mio caro fratello.
GIUSEPPE D'AMBROSIO ANGELILLO

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