L'America.
L'abbiamo scoperta per fame noi l'America, mica per divertirci. Colombo e i Fiorentini gliel'avevano detto a tutto l'orbo terracqueo che lì c'era la fortuna, l'oro e il futuro, tranne che a noi pirla d'italiani. Le navicelle in prestito da quei vecchiacci di sovrani spagnoli, i marinai delle galere di Siviglia. E noi invece a zappare la terra dura e perfino le pietre. Finchè ci fecero arrivare pure a noi la notizia che da quelle parti crescevano foreste intere di cioccolate, c'erano mari di coca-cola, catene montuose intere di gomma da masticare. Così ci buttammo a pesce nel mito e non ne uscimmo più. Con la pioggia e con il sole, con la bufera e la bonaccia: film, rock e pin-up. La maledetta vita cambiò di colpo, e cominciò a piacerci assai. Anche in quei circoli di vecchi contadini che coniugavano ancora la scuola con il verbo nulla. Che non leggevano le lettere dei parenti di Chicago o di San Francisco perchè non sapevano leggere nemmeno 1+1.
Io avevo una cugina di New York che si chiamava Ofelia, venne solo una volta in Italia ma mi insegnò a baciarla dietro la nuca. Le nostre case non avevano nemmeno l'acqua corrente, loro invece se ti sorridevano non te le scordavi più, per tutto il resto della tua gioventù.
Gli italiani non hanno scoperto l'America, è l'America che ha scoperto gli italiani. Io personalmente aspetto di essere scoperto scrittore a New York mica a Milano. E come quella caterva di matti che credono ancora nelle stecche di cioccolate buonissime americane.
GD ANGELILLO
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